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martedì 6 febbraio 2018

Il riposo degli infermieri, il riposo dei medici: quando Penelope, rispetto all'Italia, è una sprovveduta dilettante.

Penelope tesseva la tela (del sudario del suocero Laerte) di giorno, e la disfaceva di notte, si sa: il continuo, laborioso fare e disfare era mirato a guadagnare tempo, sperando che il marito Ulisse riuscisse a fare ritorno ad Itaca prima che la tela fosse finita, perché a quel punto Penelope - lo aveva promesso - sarebbe stata obbligata a sposare uno dei pretendenti al trono dell'isola. Come andò lo sappiamo: Ulisse tornò a casa dopo dieci anni, a tela non ancora terminata, uccise tutti quelli che gli volevano fregare moglie e trono, e visse felice e contento.

A differenza di Penelope, che tesseva e disfaceva sì per guadagnare tempo, ma col nobile obiettivo di rimanere fedele al marito Ulisse, dal 1994 il legislatore italico, per quel che riguarda la professione infermieristica, tesse e disfa con l'unico obiettivo di fottere i lavoratori, scansare le sanzioni europee e risparmiare un sacco di soldi sulla pelle dei lavoratori e dei malati.

La tela in questione è quella delle ore minime di riposo tra un turno lavorativo e l'altro. No, non voglio parlare di retribuzione infame e delle indennità ferme da 24 anni: non voglio parlare di soldi. Voglio parlare di ore di sonno. Di ore di riposo. Di palpebra calante, sonno, rischio di errore e responsabilità professionale di quei lavoratori stanchi al punto di barcollare, quei lavoratori che se sbagliano rischiano di uccidere la persona malata.

Nel 1993, 25 anni fa, la UE se ne esce con una direttiva (93/104/CE) che impone ai paesi membri l'osservazione di periodi minimi di riposo, a salvaguardia dei lavoratori e degli utenti: la direttiva è scritta per tutti i tipi di lavoro e per tutti i lavoratori, dall'autista di autobus all'operaio metalmeccanico, e prevede un numero minimo di ore di riposo consecutive settimanali (24+11, cioè 35), un  numero massimo di ore lavorative settimanali (48), un numero minimo di ore di riposo tra un turno lavorativo e l'altro (11), un numero minimo di settimane di ferie l'anno (4).

L'Italia riesce a fare finta che questa direttiva non esista. Riesce a fare finta di nulla PER DIECI ANNI. 

Nel 2003 l'Unione Europea rimbrotta governo e parlamento italiano per il ritardo ingiustificabile nel recepire questa direttiva, e minaccia sanzioni economiche. A quel punto il Governo, per evitare di pagare multe salatissime, porta (in fretta e furia) in aula il decreto legislativo (66/2003) col quale il Parlamento recepisce quella direttiva ormai vecchia di dieci anni. Ma, almeno per quel che riguarda infermieri, medici e personale sanitario in genere, lo fa per finta, e al solo fine di NON PAGARE LE MULTE. 

Le regole infatti valgono per tutti i lavoratori, TRANNE quelli della sanità: loro i riposi minimi che valgono per tutti gli altri possono non rispettarli, perché: a) manca il personale, e non si ha alcuna intenzione di formare e assumere le figure mancanti che servirebbero a tappare i buchi lasciati negli organici dalle "nuove" regole vecchie di dieci anni; b) i lavoratori della sanità sono superuomini indistruttibili e infaticabili, e quindi possono lavorare tranquillamente anche per diciassette ore su ventiquattro. No, non è un errore: diciassette ore di lavoro dalle 7:00 alle 7:00 del giorno dopo, magari in una rianimazione. Folle? Sì, folle. Ma a norma di legge, dato che a partire da subito (2003) le deroghe alla normativa sono cominciate a fioccare.

(io ho cominciato a lavorare nel 2005. Grazie alle deroghe, nel primo reparto nel quale ho lavorato seguivamo la griglia di turni pomeriggio (14:00 - 21:15) - mattino/notte (7:00 - 14:15 E 21:00 - 7:15). Lavoravo in Oncologia: 25 malati, dei quali tre in isolamento. Due infermieri di notte, da soli, che il personale di supporto era (ed è) una chimera: dopo diciassette ore di lavoro nelle ultime ventiquattro terminavamo il turno di notte barcollanti. Davamo consegna biascicandola, esausti fisicamente e piegati dal sonno. Una mia collega una volta si è addormentata sulla sedia subito dopo aver finito di dare consegna, per dire. Altre sono andate a sbattere mentre cercavano di guidare fino a casa, e fortunatamente non si sono fatte troppo male. Fa rabbrividire pensare che fino a venti minuti prima quella persona, troppo esausta per riuscire a guidare, avesse responsabilità diretta sulla vita di venticinque persone malate e in trattamento chemioterapico).

La scusa ufficiale, ai tempi (e l'ho già scritto in diverse occasioni, ma lo riscrivo, perché mi piace essere ripetitivo) era che gli infermieri non c'erano (ed era vero, ed è vero ancora oggi, solo che la situazione è enormemente peggiorata, rispetto ad allora. Enormemente, sì), e dato che quegli infermieri inesistenti non potevano essere assunti, per garantire il servizio ai cittadini era necessario derogare alla legge del 2003 che recepiva la direttiva del 1993, e costringere al superlavoro medici ed infermieri.

Così si deroga. E si continua a derogare ancora di più quando la crisi mondiale  (la truffa, chiamiamola con il suo nome) esplode nel 2008: si smette di sostituire il personale andato in pensione o in maternità, gli organici decrescono, il carico di lavoro aumenta, l'età media pure, e aumentano conseguentemente i richiami in servizio, che fioccano quando uno di noi si ammala o si rompe: gli organici sono al minimo, e per coprire il turno si può soltanto richiamare in servizio qualcuno che ha un giorno di riposo. Io arrivo a lavorare otto giorni di fila (due mattini, tre pomeriggi, tre notti. Poi un giorno e mezzo di coma, e si ricomincia). Si va avanti così per anni.

(E ad un certo punto mi rompo io. Non faccio un giorno di malattia, ma mi rompo. Non dormo di notte, mi trascino in reparto guidato solo dagli automatismi, litigo con i parenti che mi rallentano nella mia lista di cose da fare a tappe forzate, e una volta, subito dopo la fine del turno, appena tornato nella mia stanza marcia, ho quello che credo sia stato l'unico attacco di ansia - o di panico - della mia vita. E spero anche che sia stato l'ultimo, grazie. Brutto brutto. Non ce la faccio più, e ne prendo atto: comincio ad accarezzare l'idea di licenziarmi e di cercarmi un altro tipo di lavoro. Uno qualsiasi, non mi importa. Ma ho un mutuo sul collo, e su questa maledetta professione ci ho investito troppo, e quindi resisto cercando di difendermi come posso: smetto di rispondere al telefono. Smetto di vivere "a disposizione". Quando sono di riposo, mi rendo irreperibile: è un mio diritto, me ne riapproprio. E ho cominciato a pretendere di avere copia dell'ordine di servizio quando qualcuno cerca di farmi saltare un riposo, altrimenti non rientro. Basta quello, nove su dieci, per indirizzarli su qualcuno di più malleabile e meno esaurito. Insomma, cerco di sopravvivere. E in qualche modo ci riesco. Ma sono stato ad un passo dal mollare, perché stavo davvero dando fuori di matto. E con dando fuori di matto intendo dando fuori di matto, esplosioni incontrollabili di rabbia comprese, ne ho già parlato anche qui sopra, nel post La Rabbia)

Arriviamo al 2014. La UE non ci sta, ad essere presa per i fondelli, quindi richiama l'Italia: basta deroghe alla normativa del 1993 recepita nel 2003, o saranno multe molto salate. Il governo Renzi corre ai ripari, e il Parlamento approva la legge che impone di eliminare le deroghe alla normativa (la normativa europea deve essere applicata senza deroghe, che, data la gerarchia delle fonti di legge, anche quando sono previste per legge di un paese membro decadono, dato che c'è una legge gerarchicamente superiore che non ammette deroghe). La legge (161 30/10/2014) concedeva un anno di tempo dall'entrata in vigore perché i datori di lavoro - aziende pubbliche e private - si potessero adeguare, e quindi entro il 15 novembre 2015 tutti i problemi organizzativi che avevano reso "necessarie" le deroghe alla normativa sarebbero dovuti essere risolti. Per risolvere quei problemi ci sono soltanto due modi: tagliare drasticamente le prestazioni e i posti letto (ma le conseguenze sulla salute pubblica sarebbero enormi) o assumere il personale che manca (tipo quei 25.000 infermieri disoccupati che non vengono assunti nonostante la carenza di organico abbia sforato le 65.000 unità). Dal trenta ottobre 2014 al 15 novembre 2015, incredibilmente, si è scelto di non fare niente. Anzi, qualcosa si è fatto: il personale è ulteriormente diminuito. La quota di PIL investita in sanità, anche. Quando si dice "una manovra a tenaglia", eh?

Come ho già avuto modo di scrivere, il 15 dicembre 2015 un asteroide ha colpito simultaneamente tutte le aziende ospedaliere - pubbliche e private - d'Italia, che si sono trovate "da un giorno all'altro" a gestire la "grave" situazione.

Da lì, il colpo di genio: prevedere delle deroghe alla legge del 2014 che eliminava le deroghe del 2008 (e del 2003) ad una legge del 2003 che recepiva una direttiva UE del 1993.

Quali deroghe? Ma quelle che hanno appena formalizzato infilandole nel rinnovo del contratto, semplice! Quelle che prevedono che undici ore di riposo tra un turno e l'altro (e il limite giornaliero delle dodici ore e cinquanta di lavoro) debbano valere per tutti i lavoratori di tutta Europa, infermieri e medici italiani esclusi: loro sono speciali, non hanno bisogno di riposare. Tanto se sbagliano sono solo problemi loro, no? Sono o non sono professionisti? Hanno anche l'assicurazione, no? Quindi chissenefrega, spremiamoli finché non si rompono.

(parentesi sul rinnovo del contratto: no, non saranno 85 euro lordi. Non per gli infermieri. Sopra i 26.000 euro di reddito lordo saranno di meno. Sembra attorno ai 65. Meno l'indennità di vacanza contrattuale (14 euro al mese), diventerebbero 51. Lordi. Il mio reddito è di 28.500 euro lordi l'anno, quindi su quei 51 euro ci pagherò il 38% di imposta sul reddito. Quindi l'aumento netto sarà pari a... 31 euro al mese. Ecco: a fronte di quei 31 euro, in cambio questi pretendono di farci ingoiare per la seconda volta le deroghe alla legge che eliminava le deroghe, ok? Siatene molto, molto incazzati, perché qui si gioca con la nostra salute e con la salute dei malati, si risparmiano un sacco di soldi, si uccide per fame il servizio sanitario nazionale, e in cambio ci offrono un piatto di lenticchie, e lo chiamano "un grande accordo", ok?).

Il nuovo, meraviglioso contratto, tanto atteso dopo quasi dieci anni di blocco contrattuale (durante i quali i lavoratori hanno perso più del 20% del loro potere d'acquisto, e le progressioni di carriera sono rimaste congelate), ci darà quattro spicci, e metterà nero su bianco che l'Italia è furba, e può continuare a sfruttare i propri lavoratori fregandosene della UE e delle sue normative, come delle minacce di sanzioni: basta far finta di cambiare le cose ogni tanto, e in questo modo si guadagna tempo, e sino alla prossima minaccia di sanzione si è a posto. Quando quella minaccia si concretizzerà, be'... faremo solo finta di adeguarci, come già fatto nel 2003 e nel 2014. Noi siamo furbi.

E io sono incazzato nero.












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