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giovedì 15 novembre 2018

Il codice colore.



Il triagista si affaccia dalla sala visite del triage con un ECG in mano. Davanti al bancone del triage, alle sue spalle, c'è una doppia fila di persone in attesa di essere triaggiate. Tutte le barelle in sala d'attesa sono occupate. Gli equipaggi di tre ambulanze di volontari, con e senza virgolette, aspettano di poter liberare le proprie barelle. 29 malati in trattamento, dei quali tre entrati in codice rosso e sedici in codice giallo, 36 in attesa. Otto posti letto disponibili in tutto l'ospedale a inizio turno, per metà già andati, su quei quattro rimasti liberi già si fanno ipotesi di appoggi. Tipo il vecchietto con la polmonite appoggiato in ortopedia, per intenderci. I corridoi sono intasati dalle barelle, tutte le sedie a rotelle sono occupate. L'indice di sovraffollamento del Pronto Soccorso, listato in nero, recita "disaster". E' un classico, usuale lunedì pomeriggio. Primo, pomeriggio.
"C'ho un rosso, Doc."
"Adesso si dice codice uno, aggiornati".
"Fregacazzi come si dice, Doc. Blocco totale, viaggia sui trenta.* Sintomatico. Lo porto in sala urgenza".
"Guarda che è piena". Poi si guarda desolatamente attorno, osservando l'assedio sotto al quale si trova il bancone. Solo posti in piedi, tutto esaurito, barelle ovunque, parcheggiate a lisca di pesce o messe in fila nei corridoi.
"Lo so che è un casino", fa il triagista, e si stringe nelle spalle, che non è mica colpa sua se c'è un casino. Lui vole sapere altro: "Puoi tirarne fuori uno dalla sala urgenza? Il più stabile?"
Doc si gratta il mento, guardando lo schermo del computer, poi, sempre con la faccia allo schermo, grida, rivolto apparentemente al nulla: "Paola!"
 "Oh!"
"Com'è che satura quella in CPAP?" **
"98".
"Tirala fuori che c'è un blocco totale".
Un attimo di silenzio dalla sala urgenza. Poi, stridula: "Non ho il posto con l'attacco per la CPAP, fuori!"
"Mettila in bombola!"
Imprecazioni dalla sala urgenza. Alcuni secondi di silenzio, poi altre imprecazioni.
"Ma devo mantenerla monitorizzata!"
"Giulia!"
"Sono in medica!"
"Monitor liberi ne abbiamo?"
"Forse si può staccare il 6, è rientrato in sinusale tre ore fa. ***** Gli metto su un saturimetro per vedere la frequenza e lo stacco."
Il triagista: "Be', io intanto il tizio lo piastro col defi in sala visita in triage. E appena possono prenderlo lo porto dentro, che lì fuori c'è un disastro, c'è. Cazzo, li portano con il pulmino".
"Io chiamo il cardiologo", dice il medico. Intanto scarabocchia la sua firma su di una richiesta di sangue urgente, che il tipo con l'emorragia digestiva è arrivato in PS con cinque grammi e tre di emoglobina, e sta perdendo ancora.***
"Gaglini, ciao, son Rebbi dal PS. Senti, ho qui un blocco totale che ha una frequenza di trenta. Sintomatico. Tu come sei messo su?" Ascolta. Poi sbuffa. "No, vabbe', nel caso il pace maker temporaneo vieni a metterglielo qui e ok, ma io non posso mica tenerlo qui. Questo qui ha bisogno di un posto in UTIC ****, non può mica starmi nella sala urgenza col temporaneo su di una barella fino a domani, dai". Ascolta. Ascolta. Scuote la testa. Sbuffa. Poi ride, acidulo: "Ciao, gli infermieri di su mi - e ti - vorranno morto". Mette giù. Si rivolge ad un altro medico seduto accanto a lui al bancone, un doppio tavolo in legno che mette assieme le sette postazioni pc al centro del PS. Sette postazioni che a volte devono essere usate contemporaneamente da dieci professionisti: chi alza il culo dalla sedia è perduto. E ogni volta che uno si risiede deve rifare l'accesso al sistema usando le proprie credenziali. E a volte qualcuno si dimentica di sloggarsi e qualcuno dimentica di loggarsi, e poi diventa difficile spiegare certe cose al magistrato, ecco. Tre stampanti vomitano referti. Si produce tantissima carta.
"Oh", dice mettendo una mano sul referto che il suo collega sta leggendo, un modo delicato per attirare la sua attenzione: "In UTIC e in Cardioria non hanno posto. In Semintensiva non hanno posto. In Cardiologia non hanno posto. Ma in Cardio Riabilitativa c'è un posto. Gaglini adesso viene qui a vedere il blocco, poi va su e fa spostare in Riabilitativa il paziente messo meglio tra quelli della Cardiologia; fa spostare in Cardiologia quello messo meglio tra quelli della Semintensiva cardio, fa spostare in Semintensiva cardio quello messo meglio tra quelli che ha in UTIC, così ci fa il posto per il blocco".
"Minchia, un trasloco", fa l'altro.
"Eh..."

"STRONZI! PEZZI DI MEEERDAAAH!" La nota, giovane malata psichiatrica, nella sala chirurgica, sta gridando in faccia alla psichiatra, che deve averle detto che la deve ricoverare. Due carabinieri stanno ai lati della tizia, che ha smesso di assumere la terapia e che ha aggredito una vicina di casa, prima di scalfirsi i polsi con la lama di una forbice che non doveva essere stata granché affilata: non aveva avuto nemmeno bisogno di punti. Piccole lesioni. Una disinfettata e via. Meno bene era andata alla vicina di casa aggredita, dato che quella era caduta a terra, aveva battuto la testa, perso i sensi e rilasciato gli sfinteri. Al di là dei graffi in faccia, la tizia si era risvegliata con le mutande appesantite, sì. Quindi si era fatta un giro gratuito in TAC, si era presa tre punti di sutura sulla nuca, qualche ago nelle braccia e un paio di antibiotici e antidolorifici nelle vene.

"NON POTETE TENERMI QUI! NON POTETE!"
Rebbi getta la busta con la richiesta di sangue e la provetta nel cesto delle cose in uscita. Poi urla rivolto apparentemente al nulla: "Giulia, devi firmarmi le richieste di sangue!"
"Sposto quella in CPAP con Paola e arrivo. Tienimi la provetta da parte, che la devo firmare! LONTANO dal cesto delle cose in uscita! Che se mandiamo giù una cosa incompleta ci strappano via la faccia". Rebbi non dice niente, ma recupera la richiesta dal cesto e la mette accanto alla tastiera. Gli OSS****** lo sanno, che non devono prendere i campioni accanto alle tastiere. E' una delle tante regole non scritte che permette ad un casino come questo di funzionare senza fare morti. 
Rebbi grida ancora verso il nulla: "Dove sono gli OSS? Chiara, poi c'è una richiesta di sangue!"
Chiara sbuca da dietro una tenda, in altre faccende occupata: "Cinque minuti. Salvo non c'è?"
"E' andato in TAC a portare una col trauma cranico".
"Finisco qui e vado".

"FIGLIDIPUTTHAAANHAAAAAA!" Due carabinieri, un medico e tre infermieri stanno cercando di tenerla ferma. Non è facile prendere una vena ad una che scalcia, sputa e si dimena sulla barella. "AAAAAAAAAAAAAHHHIAAAAAA!!! BASTARDI DI MERDA!! BASTARDI!"

Un bambino in sala raggi urla, piange sfiorando l'ultrasuono. I bambini che piangono quando si sono fatti male sono una buona cosa, in pronto soccorso. Quelli che si sono fatti male e non piangono, invece, sono una cosa molto meno buona.
Salgono le urla del bimbo, che si è fratturato male, porello, e si spengono quelle che arrivano dalla chirurgica, e tutti sono sollevati, carabinieri compresi: vena incanulata, farmaco somministrato, Morfeo ha preso il controllo, punto. Adesso lei russa. Forte.
Rebbi apre la scheda della malata psichiatrica: 26 accessi. Quasi tutti per azioni dimostrative, cioè più o meno tentati suicidi. Tentati spesso, ma ogni volta appena appena, ecco.
Chi vuole uccidersi si impicca. Si butta da un ponte. Se conosce i farmaci e sa come usarli si programma infallibilmente il decesso. Al limite si chiude in garage e si mette a respirare aria condizionata dalla marmitta del suv acceso, ecco. Chi non vuole uccidersi, chi ha bisogno soltanto di aiuto, invece, fa un'azione dimostrativa. Si scalfisce i polsi. E dice aiutatemi.

Tommasi, neurologo, si appoggia al bancone, pesante nella sua magrezza. Prima la gente pensava che fosse scazzato solo sul lavoro. Poi invece qualcuno ha visto le foto delle sue recenti nozze, e ora può giurare che sembra che il tipo riesca a dare l'impressione dello scazzo totale in qualsiasi contesto.
"Oilà, Tommasi. Vieni qua che ne abbiamo quattro..."
"Cinque", lo interrompe l'altro medico, "ho visto prima una sindrome vertiginosa".
"... ops! Ne abbiamo CINQUE da farti vedere. Io ho due cefalee, una sindrome vertiginosa e una che vede scotomi e ha cefalea e ha già vomitato tre volte nonostante il Levopraid. Ma non parliamo solo di lavoro! Come ti va?"
La risposta di Tommasi è mormorata, e praticamente inudibile a più di tre metri di distanza: "Il mio primario mi rompe il cazzo, i miei colleghi mi rompono il cazzo - e prima o poi ne ucciderò qualcuno, giuro -, gli infermieri mi rompono il cazzo, i malati mi rompono il cazzo, i parenti dei malati - cristosanto!- mi rompono enormemente il cazzo, e mia moglie ultimamente mi rompe il cazzo più di tutti, grazie. Ma per il resto va tutto bene. Tu?"
"A parte il fatto che mi sto disfacendo nella vecchiaia affannandomi a fare questo lavoro da pazzi, attendendo soltanto la mia morte, va tutto bene, sì, grazie. Tie' le cartelle", dice Rebbi, e gli passa i fascicoli. Quello si siede ad una postazione fortuitamente libera e comincia a leggere. Chi l'aveva lasciata momentaneamente libera impreca sottovoce. Ma non dice un cazzo, perché Tommasi ha un carattere di merda, ha. Si inalbera facile.
Giulia arriva al bancone, firma la provetta, fa per firmare la richiesta. "Guarda che non l'hai compilata", dice a Rebbi. Quello scrolla le spalle, alzandosi dalla sedia: "C'è il cardiologo, dai, c'è il blocco totale. Compilala tu".
"Eccazzo però", dice quella, ma la compila. Come sempre. Perché senza quel sangue il malato muore, quindi quel sangue deve essere richiesto. Nel casino salta il rispetto delle regole, ma si mantengono i formalismi del rispetto di quelle regole. Sulla carta, tutto è fatto secondo le regole. La realtà è che il casino ti impone di riuscire a fare nonostante il casino, e a quel punto non importa come ci riesci: ci devi riuscire, e il fine giustifica i bla bla bla. Quando uno sta morendo in sala urgenza, sanguinando da ogni orifizio e da ogni buco, compresi quelli non previsti anatomicamente, tu gli butti dentro una sacca dopo l'altra di zero negativo. Non hai il tempo di fare il doppio controllo. Quello lo si fa dopo. A paziente, si spera, vivo. Serve a poco farlo dopo, il doppio controllo, se non a verificare che non si sia già commesso qualche errore, che in questo caso sarebbe un errore gravissimo. Bisognerebbe farlo prima, il doppio controllo. Ma spesso non si può, non si riesce, non c'è tempo. Uno massaggia, uno aspira farmaci, uno bada alle trasfusioni, l'anestesista fa il suo, le sacche si vuotano a pressione dentro gli spremisacca, e una segue l'altra, son tutte zero negativo, controllerò dopo, qui c'è un tizio che sta morendo, e adesso non c'è tempo. Farlo dopo magari serve solo a rendersi conto che qualcosa è andato storto. Ma lo si fa, ovviamente, magari incrociando le dita, e lo si fa sia perché rendersi conto dell'errore potrebbe comunque essere utile per salvare la pelle al malato, sia perché sulla carta il doppio controllo deve risultare e basta, altrimenti sono cazzi amari.

In sala urgenza il tizio col blocco totale è sudato e affannato. Mormora che gli gira la testa. Poi la frequenza cardiaca crolla, e all'improvviso sono quasi tutti in sala urgenza. Cambia l'atmosfera, in pronto soccorso, quando certi medici e certi infermieri mollano tutto quello che stavano facendo e vanno rapidi in sala urgenze.
Gli altri malati, quelli che non stanno rischiando di morire, si fanno taciturni, pensierosi.
Magari quello caduto in bici che si è lussato la spalla deve fare pipì, ma si rende conto che non è il momento di chiedere.
Magari quella che è arrivata dopo due scariche di diarrea pensa che forse avrebbe potuto buttare giù due Imodium, bere una limonata e starsene a casa sua. Che posto brutto, il pronto soccorso. Che caos. Per forza, poi la gente ci muore.
Qualcuno, magari stupito dal proprio cinismo egoista, pensa che è una scocciatura, quel vecchio che si monopolizza quasi l'intero pronto soccorso, quando a lui fa tanto, tanto, taanto male la schiena. Da tre settimane, ma da ieri di più.

Dentro la sala urgenze, il malato col blocco totale è diventato quasi asistolico. Il suo cuore ha quasi smesso di battere, quindi lo si stimola esternamente, con il defibrillatore e le piastre. Non è piacevole, per il paziente, soprattutto quando riprende coscienza: ogni battito è una scossa. Relativamente piccola, ma comunque una scossa elettrica che ti attraversa il torace e fa contrarre il cuore.
Si sono aperti set sterili, indossati guanti e camici, infilati cateteri. Da un catetere infilato nell'inguine il cardiologo introduce un piccolo catetere con un palloncino in punta. Seguendo il ritorno venoso, la punta col palloncino del piccolo catetere elettrico viene portata dentro il cuore. Lì viene poggiato contro le pareti interne del cuore. E quello comincia a danzare al ritmo impostato dal cardiologo sul dispositivo, che è esterno. Domani gli si potrà impiantare un pace maker, e tra meno di due settimane potrà tornare a giocare a bocce.
Il malato è vivo, parla, e vuole scendere dal letto per sgranchirsi le gambe. Un medico e un infermiere ci mettono dieci minuti a convincerlo che alzarsi in piedi o mettersi seduto è per lui, al momento, potenzialmente mortale. Ma alla fine lo convincono, e rimane sdraiato. Comincia il viavai dei parenti che vogliono vedere il nonno in sala urgenza da resuscitato prima che rimuoia. Al sesto visitatore Paola si impone e caccia tutti. Loro la ringraziano e scivolano via, in sala d'aspetto, parlando tra di loro in un idioma arcaico che, dichiarerà in seguito Salvo, era indubbiamente lingua calabrese.

Rebbi torna al bancone, si siede e comincia a scrivere. Un donnone biondofinto con ricrescita e baffi, dagli occhi glacialmente azzurri, lo fissa con insistenza dall'altra parte del bancone. Lui la ignora. E scrive.
"Scusi, posso chiedere?"
"Dica". Gelido.
"Il 404 quando lo chiamate?"
"Il cognome, signora. Mi dica il cognome, da qui il numero non posso andare ad associarlo ad un paziente."
"Ricciardi. Ma a che serve il numero, allora?"
"Ad avvertire la gente che è il loro turno di essere visitata. Lei perché è entrata, se non è stata chiamata?"
"Aspettiamo da tre ore e ancora non ci avete chiamato".
"Signora, abbiamo avuto delle urgenze. Attenda fuori, per cortesia".
"Dottore, la legge le impone di visitare un paziente col codice tre entro un'ora".
"Io ho passato l'ultima mezz'ora su di un signore cui si era fermato il cuore, faccia lei. Signora, la legge potrebbe anche impormi di costruire una piramide da solo in una settimana, ed io una piramide in una settimana, da solo, non la posso fare, chiaro? Abbiamo codici tre in attesa da sei ore".
"Guardi, siete incommentabili. Siete da denuncia".
"La faccia, signora, la faccia".
"Si vergogni".
"Specchioriflesso".

Rebbi riprende a scrivere al pc, imperturbabile.

La donnona biondofinto si allontana declamando "questo è davvero un pronto soccorso di merda". Rebbi quasi sorride. Sulla soglia della porta che dà sulla sala d'attesa la donna si ferma, in modo che possa essere sentita sia dentro che fuori, e dice che quello è un posto in cui rubano lo stipendio degli incapaci fannulloni e pure maleducati, 'sti stronzi! "Noi siamo tre ore che aspettiamo, e a mio marito l'unghia incarnita fa male, e nessuno fa niente!"

Poi, per fortuna, i parenti del vecchietto resuscitato l'hanno massacrata di botte e sputi.


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Piccolo dizionario del gergo, con inclusi brevi spiegoni:

* "Blocco totale che va a trenta": l'impulso che nasce dall'atrio del cuore, e che propagandosi fa contrarre il ventricolo, non si forma più, o si forma ma non riesce a propagarsi nel ventricolo, perché l'autostrada sulla quale dovrebbe viaggiare si è interrotta. Siccome siamo fatti per sopravvivere, il nostro cuore tenta di reagire come può, e il ventricolo cerca di fare da solo, contraendosi ad una frequenza che però è molto bassa. Di solito lo fa per un po', poi perde costanza e alla fine si ferma. In condizioni naturali, intendo. Perché quando si ha a che fare con Santa Scienza e Santissima Esperienza le cose cambiano, per fortuna.

** CPAP: è un casco di plastica trasparente, a tenuta stagna sul collo, dentro al quale viene creata una determinata pressione positiva pompando al suo interno un flusso continuo (anche oltre 100 litri/minuto) di una miscela di ossigeno ed aria in proporzioni variabili. Quella pressione positiva si trasmette ai polmoni, permettendo di mantenere "aperti" gli alveoli alla fine dell'espirazione, quando fisiologicamente i polmoni dovrebbero essere vuoti, con una pressione interna pari a quella atmosferica. Mantenerli aperti aggiungendo una pressione positiva significa riuscire a "gonfiarli" di aria con uno sforzo inspiratorio minore. Funziona come coi palloncini, avete presente? Cominciare a gonfiarne uno per la prima volta richiede uno sforzo maggiore di quello che si deve fare per continuare a gonfiarlo. Così il malato che ha l'edema polmonare acuto, ed ha i polmoni che sono due spugne bagnate che richiedono uno sforzo inspiratorio importante, non si sfianca, si rilassa e spesso finalmente si addormenta (a volte invece si strappa di dosso il casco, ma insomma. Diciamo che il più delle volte uno si accorge, che prima faceva fatica a respirare e con quel casco in testa invece respira bene). Gli scambi migliorano, e tutti vivono felici e contenti, anche grazie ad antipertensivi e diuretici.


*** Cinque grammi e tre di emoglobina: sotto i quattordici grammi (maschi) o i dodici grammi (femmine) si è anemici. Sotto i sette grammi (sotto i dieci grammi/dL, se il malato è cardiopatico), si trasfonde. Quindi cinque grammi e tre, con un'emorragia in atto, significa aver bisogno di trasfusioni, e abbastanza in fretta.


**** UTIC: Unità di Terapia Intensiva Cardiologica. Un posto che si va a visitare quando si ha un infarto, un'aritmia potenzialmente mortale, un edema polmonare acuto, uno scompenso cardiocircolatorio, una tromboembolia polmonare massiva bilaterale, insomma: un posto che in genere si spera di non dover visitare per la seconda volta.

***** "Rientrato in sinusale": il cuore del malato al letto sei ha ripreso a battere con un ritmo, in soldoni, "normale". Il contesto implicito è quello di una cardioversione farmacologica di una aritmia recentemente insorta (la fibrillazione atriale). Il saturimetro si chiama in realtà pulsosaturimetro, perché dà due informazioni: la saturazione periferica dell'emoglobina per l'ossigeno; la frequenza cardiaca, accompagnata da un "Bip!" a pulsazione. Se uno ritorna aritmico lo si sente, insomma: i "Bip!" diventano irregolari. La strategia adottata per la (hem) "monitorizzazione" di un malato in quelle condizioni è una pezza da "stiamo alla canna del gas", però. E' comunque una pezza efficace, a patto di prestare orecchio al "Bip!" di continuo mentre si sta facendo altro, per altre persone.

****** OSS: operatore socio-sanitario. La figura nata per sostituire il vecchio profilo dell'infermiere generico: si occupa di assistenza di base (cioè igiene del corpo, aiuto durante la deambulazione, aiuto durante la mobilizzazione, aiuto nell'assumere i pasti...) e di attività alberghiere (rifare i letti, distribuire i pasti), oltre che tecnico-esecutive (preparare il materiale per la sterilizzazione, ad esempio o rilevare e riferire al responsabile dell'assistenza - cioè l'infermiere - i parametri vitali di una persona). Nella realtà di tanti PS l'organizzazione del lavoro li prevede sostanzialmente demansionati più o meno ovunque, "causa necessità", e finiscono col fare prevalentemente attività di trasporto campioni/referti e di trasporto dei malati, perché mancano i barellieri (dato che nessuno li ha mai assunti, quelli che servirebbero), e "qualcuno lo dovrà pur fare". Di conseguenza, quello che sarebbe il loro lavoro finisce immancabilmente - e non certo per colpa loro - per piovere sulle spalle degli infermieri, perché "qualcuno dovrà pur farlo".