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domenica 28 febbraio 2016

Trecento euro al giorno.

Lui ha più o meno la mia età, ma questi quarant'anni scarsi se li trascina addosso davvero parecchio male.

Non gioca a favore del suo aspetto fisico il fatto che sia ancora gonfio come una zampogna, ma quella non è colpa sua, intendiamoci: non si esce benissimo da una endocardite batterica (cioè un'infezione dentro il cuore) che ti smangia via la valvola aortica e danneggia la valvola mitralica. Ecco, perché è ancora gonfio come una zampogna.

(attenzione: qui sotto un breve ma verboso spiegone - giuro, privo di tecnicismi - che potete saltare a piè pari)

La valvola sulla quale beatamente vegeta l'infezione non funziona più come dovrebbe, quindi la metà sinistra del cuore non riesce più a pompare nelle arterie tanto sangue quanto la metà destra ne pompa verso i polmoni. C'è un ingorgo, e questo innesca una valanga di casini. Per farla breve, i polmoni diventano via via pesanti come delle spugne bagnate, respirare diventa difficile, i piedi si gonfiano sino a sembrare dei cotechini, l'addome si gonfia di acqua, il gioco alterato delle pressioni all'interno delle camere cardiache va a pregiudicare il funzionamento della valvola mitralica, l'ingorgo nei polmoni conseguentemente peggiora, e a questo punto in genere si muore sputando schiuma rosa dalla bocca e dal naso, o il cuore si ferma all'improvviso, e tanti saluti.
Se non interviene Santa Scienza, intendo.
Perché quando Santa Scienza entra in campo le cose cambiano. Amo vivere nel ventunesimo secolo, gente.

(fine della roba inutile)

E certo non si esce, almeno nell'immediato, granché in forma da un intervento di sostituzione della valvola aortica con una protesi, più una plastica della valvola mitralica. Ne è uscito vivo, e tanto basta. Santa Scienza e Santissima Esperienza hanno guidato le mani dei medici dell'ospedale in cui è stata fatta la diagnosi, quelle di chi ci ha trasferito e portato vivo il malato, quelle dei chirurghi che lo hanno operato, quelle degli anestesisti che lo hanno mantenuto sedato e curarizzato - ma soprattutto vivo - prima, durante e dopo l'intervento, quelle dei perfusionisti in sala operatoria e quelle degli infermieri in sala e in rianimazione. Decine di professionisti hanno riversato contemporaneamente su di lui un cumulo complessivo spaventoso di Santissime Scienza & Esperienza, e quindi è vivo. Gonfio come una zampogna, dicevo, ma vivo.

Brutti tatuaggi irregolari sparsi un po' ovunque. Denti cariati e spazi vuoti si equivalgono, in bocca. Vene indurite sulle braccia, perché le pere, dice, e intende l'eroina in vena, se le è fatte solo per quattro mesi. Ma poi lo lasci parlare, e ti dice che lui in vena si è sempre fatto la cocaina. Che l'eroina ha cominciato ad usarla per rimettere i piedi a terra, perché cazzo, con la coca in vena vedi i draghi, vedi.
E' simpatico. Un disgraziato, ma è simpatico.
Penso al suo dosaggio di metadone, piuttosto elevato (non usa eroina da dicembre, dice, e la sua dose di metadone, dopo due mesi, è ancora di ottanta milligrammi al giorno), e dato che sono un figlio di puttana cerco di incastrarlo. Gli chiedo se davvero ha usato eroina per soli quattro mesi, e lui con aria innocente specifica che per quattro mesi si è fatto le pere. Ma che la fuma sulla stagnola da dieci anni.
E lì rido, e lui ride con me, ed è persino quasi un bel momento.
Gli chiedo se si disinfettava la pelle, prima di pungere. Lui dice di no. Gli dico che allora può anche darsi che il batterio che lo ha quasi ucciso sia entrato così, nel sangue. Lui mi dice che ha sempre usato siringhe pulite. Cioè, nuove, mi dice quando mi vede spalancare gli occhi sul "pulite". Perché intendiamoci: tutto ciò che non è sterile non è abbastanza pulito: si tratta di entrare in una vena, ideale terreno di coltura per batteri opportunisti che quando si ritrovano a sguazzare nel sangue fanno come i gremlins quando li bagni dopo mezzanotte. Gli dico che serve a poco, comunque, avere un ago sterile, quando è la pelle ad essere contaminata. Nel suo caso, contaminata da un batterio fecale. Che finché rimane nell'intestino non ci fa niente, e finché rimane sulla pelle neppure. Ma se si ritrova nel sangue sono cazzi acidi.
Finisce che gli insegno il modo giusto per disinfettarsi. Lui mi dice che tanto non si bucherà più. Ci mancherebbe altro, gli dico. Però gli spiego lo stesso, e lo faccio nell'ottica della riduzione del danno. Spero di no, ma giusto nel caso che, ecco.
Gli chiedo quanta ne usasse al giorno. Lui fa spallucce (tenta, di farlo, ma si ferma, perché si ricorda di avere lo sterno segato in due per il lungo e poi rimesso assieme da dei punti metallici) e dice boh, sui cinque grammi.
Minchia, dico io.
Cinque ma anche di più, dice lui. Quando ce l'hai te la spari finché non la finisci.
Spaventoso, dico io, che intanto cerco di calcolare quanta eroina al giorno fanno, cinque grammi di merda marroncina da strada, con tagli almeno del 60% con salcazzo cosa. Fa più o meno due grammi di eroina al giorno. Non male, se considerate che con meno di cinquanta milligrammi di morfina, che equivalgono a circa venti milligrammi di eroina, si può tenere a bada il dolore di un uomo di ottanta chili (che si sveglia con lo sterno aperto e ricucito, tre drenaggi che s'infilano tra le costole, un tubo in trachea, un sondino dal naso allo stomaco, un catetere nel pisello, un catetere in una arteria a piacere, eccetera eccetera) per 24 ore. Quindi circa venti milligrammi al giorno contro DUEMILA milligrammi al giorno. Rendo l'idea?

Tra coca e ero spendevo trecento euro al giorno, mi dice.
Si guarda le mani, poi guarda me, e mi dice che ha fatto fuori un patrimonio.
Io sono un ex contabile, e a questo punto ho già cercato di calcolare a mente quanto fa 300 euro per 365 giorni, ma ci ho già rinunciato. Comunque a spanne fa 110.000 euro.
Vivevo in un attico, mi dice.
Poi sono andato a vivere da un mio amico.
Poi lo hanno arrestato. E sono rimasto da solo a casa sua. E pensavo solo a farmi. Non mangiavo.
Poi ho tentato il suicidio bevendo tutto il metadone del mio amico, cinque boccette, ma mi sono solo addormentato.
(e ci credo, ho pensato io. Se io dovessi bere una sola boccetta probabilmente mi addormenterei, andrei in arresto respiratorio e tanti saluti, suicidio riuscito. Se uno si fa DUEMILA milligrammi di eroina al giorno (a star bassi) mi aspetto che seicentoventicinque milligrammi di metadone gli facciano giusto da ninna nanna).
Poi ha chiamato sua sorella, che se lo è preso in casa e lo ha portato al SERT. Ha cominciato col metadone, ma ogni tanto aveva i brividi, gli veniva la febbre. Poi sua sorella ha visto i piedi gonfi, e lo ha portato in ospedale.
Ringrazia tua sorella, gli dico.

Vi ringrazio tutti, mi dice lui, e ci tiene a stringermi la mano.



Ogni giorno ho a che fare con esseri umani che si trovano ad affrontare un periodo di estrema fragilità. I più, quando va tutto bene, hanno una vita alla quale tornare. E vogliono tornare a viverla, quindi sono motivati: prendono sul serio quel che gli si dice di fare, si impegnano nel farlo. Sono complianti, detto nell'orribile gergo ospedaliero.
Quando alla fragilità delle condizioni cliniche si sommano le fragilità psicologiche della persona, quando mancano le motivazioni che compensano il dolore fisico che inevitabilmente si deve sopportare durante le primissime fasi della riabilitazione (quando fa male tossire, quando fa male soffiare, quando fa male inspirare profondamente, quando si è stanchi e non si vuole stare seduti nel letto o in poltrona), il problema è quello di trovare una motivazione.
E non so dove e come un tossico che si è rovinato la vita, che si è giocato il lavoro e la casa, che si è rovinato economicamente, possa trovare la voglia e la forza di tornare a fare la propria vita, ma lui il modo lo ha trovato. Si vede.

Quindi faccio il tifo per lui, ecco.