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giovedì 9 aprile 2015

Perché il reddito di cittadinanza è impossibile. In Italia, intendo.

Il reddito da lavoro in Italia è compresso verso il basso. Questo lo sanno tutti. Tutti quelli che lavorano, intendo. La forbice di reddito al primo impiego tra un operaio generico e un laureato ultraspecializzato si misura in qualche centinaia di euro: di solito per illustrarlo meglio ricorro a situazioni che conosco, finendo inevitabilmente col raccontare di quel mio lontano cugino che, occupandosi di raccolta differenziata di carta e cartone per una municipalizzata sarda, guadagna, con meno anzianità di servizio di quella che ho io, più di quanto riesca a guadagnare io, che ho una laurea di primo livello in infermieristica e lavoro su turni, anche notturni, in una rianimazione. Ma potremmo fare un esempio equipollente parlando di un metalmeccanico a 900 euro al mese e di un ingegnere pagato con la stessa cifra. Nel nostro paese il reddito medio dei salariati si assesta attorno ai 1.250 euro, quindi c'è poco da dire. Se non, forse, ribadire quella frase con la quale ho cominciato questo post: il reddito da lavoro, in Italia, è compresso verso il basso.

Perché è compresso verso il basso? Beh, questa è una domanda cui non sono in grado di dare una risposta semplice. Quindi proverò a dare una risposta articolata:

a) è basso perché dai primi anni ottanta è sparita la cosiddetta "scala mobile", cioè quel meccanismo previsto per legge che adeguava il potere d'acquisto dei salariati all'aumento del costo della vita. Questo sistema procurava inflazione, che andava recuperata con successivi adeguamenti dei salari, che però a loro volta producevano inflazione, e il sistema poteva reggere solo a patto di avere una moneta che poteva essere svalutata sui mercati internazionali. Fatta saltare la scala mobile da Craxi, il potere d'acquisto dei salariati italiani è crollato, e con esso l'inflazione (anche se fra le due cose naturalmente non c'è un nesso causa-effetto esclusivo);




b) è rimasto basso perché il paese, che è praticamente privo di risorse naturali, ricordiamocelo sempre, ha puntato a galleggiare sull'export. Da una parte, sino all'avvento della moneta unica europea, l'export è stato mantenuto competitivo grazie alla svalutazione della moneta; dall'altra si è contenuto il costo del lavoro riducendo il potere d'acquisto dei salariati, il che ha avuto un altro effetto positivo, diciamo così, sulla bilancia commerciale italiana: si sono contenuti infatti i consumi di beni importati (moneta svalutata + salari bassi = la roba prodotta all'estero e importata in Italia costava l'iraddiddio). Una manna per Mivar e Fiat, finché è durata. Perché poi è finita, lo sappiamo; 

c) è rimasto basso perché, a fronte della diminuzione costante del potere d'acquisto, le famiglie italiane hanno integrato il reddito lavorando di più per mantenere invariato il (magro) tenore di vita cui si erano abituate: là dove negli anni sessanta lavorava solitamente il solo capofamiglia, ora normalmente si lavora almeno in due, altrimenti si fa la fame, chiaro: sfido chiunque a mantenere una famiglia di tre persone, a Milano, affitto/mutuo compreso, con meno di 2.000 euro al mese. Ma lo stipendio medio è di 1.250 euro al mese. Quindi si deve lavorare ALMENO in due. Logico. 

Quindi: ci troviamo in un paese in cui l'instabile equilibrio viene mantenuto, a tutto vantaggio degli strati più abbienti della popolazione, grazie ai salari magri dei lavoratori. 

Ora, proviamo ad immaginare a cosa accadrebbe introducendo il reddito di cittadinanza. Prima di tutto, proviamo a quantificare quel reddito di cittadinanza: quanto dovrebbe avere una persona senza lavoro per vivere dignitosamente (e cioè andare a dormire in una cosa che almeno somigli ad una casa; poter riscaldare quella casa in maniera adeguata; potersi alimentare in maniera normale, lasciando da parte il caviale e i tartufi, certo, ma permettendo al disoccupato di assumere proteine animali a sufficienza)? Diciamo ottocento euro al mese? 400 di affitto (ma non in città), 100 di utenze varie a patto di risparmiare sul riscaldamento, e dieci euro al giorno per poter mangiare, non consideriamo l'abbigliamento. Diciamo ottocento euro al mese. No, anzi, stringiamo la cinghia e diciamo settecento, via. 

A questo punto si pone un problema.

Settecento euro al mese è più di quel che parecchi lavoratori guadagnino lavorando. Ne conosco personalmente alcuni, ed è vero che nel caso specifico si tratta di contratti part-time, ma ecco: in Italia ci sono lavoratori che, con il proprio lavoro, riuscirebbero a portare a casa un reddito inferiore a quello previsto come reddito di cittadinanza. Come la mettiamo?

'Spetta, sovviene un altro problema: il lavoro nero. In Italia ci sono decine di migliaia di lavoratori che lavorano in nero, quasi mai per libera scelta (è capitato anche a me: facevo il contabile, in nero. C'era la mia firma su centinaia di fatture, eppure ufficialmente io in quell'azienda brianzola non ci avevo mai messo piede. Il datore di lavoro mi aveva spiegato che purtroppo non mi poteva assumere perché non avevo ancora assolto gli obblighi di leva, e fatturando soltanto 60 miliardi di lire l'anno proprio non poteva correre il rischio di conservarmi il posto di lavoro mentre sgobbavo quasi a gratis per lo Stato) e indovinate un po'? Esatto: lavorando in nero spessissimo guadagnano molto meno di quel che abbiamo postulato come reddito minimo di cittadinanza. 

E a questo punto subentra un terzo problema: ma se ad un disoccupato dai settecento euro al mese, come puoi pretendere che un laureato in ingegneria accetti di lavorare 40 ore a settimana per novecento euro al mese? Semplice: non puoi, perché quello manderebbe a fare in culo lo sfruttatore che lo sottopaga e continuerebbe a cercare un lavoro pagato meglio finché le leggi glielo consentirebbero, continuando a percepire il reddito di cittadinanza. Al limite, esaurito il reddito di cittadinanza, farebbe quello che già oggi molti fanno: emigrerebbe, con tutte le sue competenze, e tanti saluti. 

Introdurre il reddito di cittadinanza comporterebbe, nel giro di qualche anno, un aumento dei salari dei lavoratori dipendenti, è questo l'indicibile problema principe: si instaurerebbe una dinamica speculare a quella scientemente introdotta nel paese negli ultimi trent'anni, complice il ricorso all'immigrazione (in termini economici, aumentare l'immigrazione significa ridurre il reddito medio, e non lo dico io, lo scrive l'economista Ha-Joon Chang in quel bel libro dal titolo oggettivamente orribile che è "23 cose che non ti hanno mai detto sul capitalismo", Il Saggiatore, 2012), cioè il dumping salariale. 

Ora credo risulti più chiaro perché in Italia introdurre il reddito di cittadinanza è impossibile:

a) è impossibile perché farebbe saltare la politica di contenimento dei costi del lavoro, che nell'ottica neoliberista imperante deve essere considerato una merce come le altre;
b) è impossibile perché farebbe saltare la politica del dumping salariale strutturale, che ci tiene freneticamente impegnati a lavorare nella paura che qualcun altro possa soffiarci il posto;
c) è impossibile perché taglierebbe le zampe al nero, e questo è un paese che vive di nero, e in genere chi vive sfruttando il lavoro nero è forte, potente e solo parzialmente opera sottotraccia, mafie in testa;
d) è impossibile perché staccherebbe la lingua di milioni di disperati dal deretano di chi dispensa lavoro in cambio di voti, e quindi di potere, e che in nome di quel potere può dispensare lavoro, fosse anche solo in cambio di un pom*ino. 

Non è impossibile perché costa troppo. Lo so, tutti quelli che dicono che non si può fare dicono che costa troppo e non ci sono risorse sufficienti, ma lo dicono mentendo: lo Stato ha un bilancio annuale di 800 miliardi di euro, si fanno con leggerezza manovrine da venti miliardi a botta, si immolano decine di miliardi su TAV, MOSE, EXPO, F35, autostrade inutili, mondiali di nuoto con le piscine mai completate, italia90 con gli stadi mai completati, vertici del fu G8 alla Maddalena, tangenti ad ogni livello per ogni maledetta opera pubblica piccola e grande... ma proprio i soldi per il reddito di cittadinanza non si trovano, non si trovano, non ci SONO. 
Ci sono, ci sono. Allocarli sarebbe solo una scelta politica. Certo, non lo possono dire da Vespa o da Floris. Ma ci sono. 

E' che non vogliono allocarli.

Perché ci vogliono affannati, stanchi, disperati, arrabbiati con gli altri, chiunque siano, e in lotta fra di noi per un pezzo di pane.

Per questo il reddito di cittadinanza, in Italia, è impossibile. 









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